Cos'è il Graphic Design e perché è importante?

Pubblicata il 24/01/2022
"La vita del designer è una vita di lotta: la lotta contro la bruttezza"

Quando ti chiederanno cos’è il graphic design e di cosa si occupa un designer tieni ben a mente questa frase di Massimo Vignelli, potrà tornarti utile!

Ora accomodati. Sta per iniziare il viaggio che ti porterà alla scoperta dell’universo del graphic design, dove conoscerai personaggi mitologici come il pubblicitario, il grafico editoriale, il brand designer e…

Aspetta un attimo, chiariamo prima una cosa:

COS’È IL GRAPHIC DESIGN?

 
Nel primo articolo abbiamo esplorato il mondo delle arti visive, clicca qui per leggere l’articolo.

Come le altre arti visive il graphic design è una disciplina e un mix tra arte, comunicazione e scienza.

Definiamo il design grafico come l’arte della progettazione attraverso contenuti visivi e testuali che aiuta a veicolare un messaggio.

Prendiamo in prestito una frase di Hans Hofmann, insegnante e uno dei più grandi artisti americani del dopoguerra, per spiegare meglio questo concetto:

"Design is the intermediary between information and undestanding".

La sua citazione descrive il design come mediatore ovvero traduce le informazioni in modo che siano comprensibili a tutti. La regola base del design è che deve funzionare per raggiungere il suo obiettivo.

Conoscere e riconoscere un bisogno è quindi la prima condizione per un designer affinché possa realizzare un lavoro efficace.

Quando parliamo di graphic design stiamo parlando di progettazione, un processo che ha dei principi ben strutturati e che non può essere estemporaneo.



Photo by Fakurian Design on Unsplash

Ecco le 8 fasi da seguire per realizzare un progetto grafico ben fatto:
  1. Brief: il cliente spiega al grafico quali sono le sue necessità e quali gli obiettivi da raggiungere. È questo il momento in cui un designer sa che deve ottenere più informazioni possibili sul lavoro da fare: quali sono i valori del brand, se il committente ha già un’idea precisa, quali sono i concorrenti e il target di riferimento e i tempi di consegna.
  2. Analisi: prima di iniziare il lavoro è necessario studiare il brief raccolto e nel caso di mancate informazioni o poco chiare contattare subito il cliente.
  3. Ricerca: punto in cui bisogna reperire più informazioni possibili sul progetto che si sta per iniziare, sull’azienda stessa e sui suoi prodotti o servizi. Per ottenere un buon risultato bisogna analizzare il mercato di riferimento e come lavorano i competitor.
  4. Ispirazione: durante questa fase è fondamentale aprire la mente a qualsiasi soluzione e lasciarsi guidare dalle immagini, dai colori e dai caratteri. Non per forza bisogna andare a cercare spunti sul web, molto spesso le migliori idee arrivano leggendo un libro, guardando un film, passeggiando e chiacchierando con gli altri. Qualcuno potrebbe interpretarlo come procrastinazione, noi la chiamiamo ricerca ispirazionale.
  5. Concept: una volta raccolte le idee è arrivato il momento di metterle su carta, anche in forma scritta. Si può scegliere di realizzare un unico concept e declinarlo in più versioni oppure di ideare proposte grafiche differenti, l’importante è mantenere sempre fisso l’obiettivo del lavoro che si sta svolgendo.
  6. Realizzazione: è il momento di tradurre le idee in "grafica". Regola fondamentale: non scartare nulla, buttare giù tutte le soluzioni possibili e capire se possono funzionare anche una volta messe "nero su bianco".
  7. Revisione e finalizzazione: dopo una breve pausa, necessaria a riguardare il progetto con la mente sgombra, si passa all’eliminazione delle idee meno convincenti e alla definizione dei concept selezionati. Si deve dedicare il giusto tempo alla realizzazione del file finale che verrà presentato.
  8. Presentazione: un’ottima presentazione è fondamentale per il successo di qualsiasi progetto, non solo perché avrà un impatto memorabile sulla mente del cliente ma anche perché aiuterà il designer a esporre le proposte in maniera più efficace spiegando i motivi delle sue scelte.

Ora che sai cos’è il graphic design è giusto che tu sappia anche che non è sempre stato questo. Il termine "graphic design" appare per la prima volta in un saggio del 1922 di William Addison Dwiggins intitolato "New kind of printing calls for new design". Era un designer di libri e per la prima volta usò il termine design per spiegare come ha organizzato e gestito le immagini nelle sue opere.
Da quando se ne è parlato la prima volta si è evoluto e continua a evolversi parecchio.

Ma procediamo con ordine, quando nasce il graphic design?

STORIA DEL GRAPHIC DESIGN

 
Salteremo tutta la storia della grafica e della comunicazione che parte dalla Grotta di Lauscaux e dei geroglifici per concentrarci su un’epoca più vicina alla nostra, quella del momento in cui la città prende il sopravvento sulla campagna con l’avvento della rivoluzione industriale.

È alla fine dell’800 che la progettazione grafica, così come la conosciamo oggi, inizia ad entrare a piè pari nelle vite dell’uomo. Libri, riviste, manifesti e pubblicità vennero riprodotti e distribuiti capillarmente per poter raggiungere fette sempre più ampie di potenziali consumatori, ma anche per istruire, informare e intrattenere.

Tutto questo è stato possibile soprattutto grazie all’invenzione delle macchine tipografiche che hanno reso il processo di stampa più veloce ed economico. Ma di questo ne parleremo più avanti, per ora ci limiteremo a ringraziare Gutenberg, l’uomo che con la sua invenzione ha creato la prima arma di istruzione di massa.

Siamo a Parigi e sta nascendo una nuova professione, l’affichiste. I protagonisti di questa storia sono Jules Chéret e Henri de Toulouse-Lautrec, entrambi danno origine al manifesto moderno.

a sinistra Jules Chéret 1896, a destra Henri de Toulouse-Lautrec 1893

Su questo mezzo di comunicazione veniva evidenziata la connessione tra grafica e belle arti.
Il testo infatti perde in parte il proprio valore didascalico e descrittivo per assumere un maggior rilievo decorativo ed estetico.

Nel frattempo a Livorno nasceva Leonetto Cappiello che, giovanissimo, si trasferisce a Parigi e in maniera molto naturale e disinvolta si inserisce nella corrente e nei ritmi parigini, dai quali però pian piano si allontana sviluppando un proprio linguaggio abitato da folletti, mascherine e diavoletti. Uno dei suoi manifesti più famosi è infatti quello per Campari.

Leonetto Cappiello 1920, Campari l'aperitivo
  
I più previdenti tra gli artisti del cartellone pubblicitario capiscono l’esigenza di distaccarsi dallo stile illustrativo e, forse spronati dall’industria, scoprono quel gusto più moderno che caratterizza il messaggio pubblicitario.

L’erede dell’esperienza di Cappiello sarà, ancora una volta, un italiano: Severo Pozzati in arte Sepo. Con lui il prodotto assume la centralità della comunicazione. Nel frattempo l’Art Nouveau lascia il posto al Futurismo e al Cubismo ed è proprio a quest’ultimo che Sepo farà costante riferimento.

Sepo (Severo Pozzati) 1934, Panettone Motta
 
La Rivoluzione industriale era inarrestabile e il mondo stava cambiando. Le aziende avevano sempre più la necessità di vendere e per farlo era indispensabile che tutto fosse accompagnato da un’immagine riconoscibile ovunque. Da qui nasce l’idea che dovesse essere comunicato, oltre al prodotto, il brand.

Coca-Cola è uno dei più grandi esempi.
Ha un nome, ha una ricetta segreta e ha un marchio che diventerà eterno.
Mancava solo la bottiglia a completare il quadro, che non tardò ad arrivare per far fronte alla richiesta e al successo. Arrivarono in seguito la grafica degli annunci pubblicitari, il design dei contenitori, i gadget e i testimonial. A perfezionare la leggenda il famoso Babbo Natale che sostengono di aver inventato.
Coca-Cola diventerà la bevanda della condivisione, dei ragazzi davanti al juke-box e di Norman Rockwell. Tradurrà il suo marchio in tutte le lingue del mondo conservandone l’immagine riconoscibile ormai ovunque.


Fred Mizen 1930, Coca Cola

Ai manifesti che invitano a comprare e consumare prodotti presto si affiancano quelli propagandistici della prima guerra mondiale.
Il nemico che si affaccia alle pagine della propaganda è iconografico e spesso antropomorfo, e ancora di più metaforico. Non importa quale sia il nemico, rappresenta una minaccia e un incubo. Di contro il nostro "eroe" sarà bello e fiero e, come nelle vesti di zio Sam, punta il dito e ci chiama.


Da destra: manifesto propaganda Usa, Italia e Urss

Il periodo tra le due guerre fu invece un’epoca di sperimentazione.
Dopo la prima guerra mondiale infatti la produzione industriale subì una pesante interruzione e ovviamente questo riportò delle conseguenze anche sul piano del design che dovette in qualche modo ricostruire il mondo della comunicazione.
Nacquero quindi le prime scuole d’arte e design che divennero laboratori dove testare nuovi linguaggi.

Fu il momento della Bauhaus, una scuola nata con l’obiettivo di conciliare arte e artigianato con la produzione industriale, unendo quindi il valore estetico a quello tecnico e funzionale. In questa scuola insegnarono personaggi come Kandinskij e Paul Klee e fu diretta anche dall’architetto tedesco Ludwig Mies van de Rohe, di cui la frase più famosa riecheggia ancora tra le nostre classi:

"Less is more"


Manifesto Bauhaus, 1923

Uno stile molto più popolare della grafica di quel periodo era l’Art Deco, meno estremo della nuova tipografia e spesso associato al cinema, alla moda e ai beni di lusso. È la volta di riviste come Vogue e Harper’s Bazaar che contribuirono a rivoluzionare il design dell’industria editoriale americana.

Ed è proprio in America che iniziava ad espandersi il movimento modernista nato in Europa ma censurato dal totalitarismo di quel periodo. Così il nuovo linguaggio visivo, aiutato anche dall’avvento di discipline come psicologia e psicoanalisi, veniva utilizzato anche dai grafici nella comunicazione pubblicitaria.


Copertina rivista Vogue e Harper's Bazaar, 1930

Contemporaneamente venivano progettati due dei font che ancora oggi vengono stra-usati in tutti gli ambiti: l’Helvetica e l’Univers.

L’entusiasmo per i caratteri tipografici sans-serif era esploso, tanto che l’helvetica venne subito scelto dalle più grandi agenzie dell’epoca. Furono istituite le prime agenzie pubblicitarie internazionali e lo sviluppo dei viaggi intercontinentali permise una vasta contaminazione nell’ambito della progettazione grafica, diventata di fatto un fenomeno mondiale.

E poi il boom economico.
Arriva l’azienda Olivetti con i suoi designer come Giovanni Pintori a regalarci il sogno di battere le dita su una macchina da scrivere portatile come la Lettera 22.


Poster Olivetti, Lettera 22 - Giovanni Pintori, 1954

Con Gilberto Filippetti la Vespa diventa un mito. Un’oggetto in grado di trasmettere messaggi, idee, informazioni, valori e simboli, comunicati attraverso uno stile che si collega alle grandi tendenze internazionali della Pop Art.

Poster Piaggio, Vespa - Gilberto Filippetti, 1969

Nasce la prima agenzia pubblicitaria italiana con uno stile moderno con a capo Armando Testa, un "inventore e un esploratore nel mondo del colore e della forma". Suoi sono i manifesti della Pirelli e del digestivo Antonetto impersonato dall’uomo con il mal di stomaco.
Sua anche l’astuzia di progettare manifesti isolando la figura su fondo bianco per non confondere il messaggio con gli altri affissi ai muri.


a sinistra manifesto digestivo Antonetto 1960, a destra manifesto Pirelli 1954

Chiudiamo questo breve racconto sulla grafica e sulla sua evoluzione con il grande Massimo Vignelli (si, proprio lui, lo stesso Massimo che all’inizio dell’articolo ti parlava della dura vita del designer).
Nato a Milano ed espatriato a New York, incontra Bob Noorda e insieme danno vita a Unimark International, lo studio italiano più importante del dopoguerra, non solo per la qualità dei lavori ma anche per il portfolio di clienti internazionali come Knoll, American Airlines, Ford, Benetton, Lancia e Ducati, per citarne alcuni.

Il loro lavoro più famoso è probabilmente il sistema segnaletico e la pianta della metropolitana di New York, dove il rigore e la tecnica fanno da padrone indiscusse.

Graphics Standards Manual - Massimo Vignelli e Bob Noorda (Unimark), 1970

Non basterebbero dieci libri per raccontare i lavori di Vignelli, ma c’è una sua frase che racchiude bene la sua opera, ed è questa:

"Come designer abbiamo tre livelli di responsabilità:
il primo verso noi stessi e l’integrità del progetto in tutti i suoi dettagli.
Il secondo verso i nostri clienti, per risolvere il problema nel modo più economico ed efficiente.
Il terzo verso la società, il consumatore, il fruitore del design finale."


Il graphic designer è una figura fondamentale quando si parla di comunicazione e negli ultimi anni, soprattutto con l’espansione della tecnologia, questa professione ha subito un’evoluzione repentina.
Vediamo insieme come.

CHI È E COSA FA IL GRAPHIC DESIGNER?


Come avrai sicuramente già capito, il graphic designer è una figura professionale che lavora nel campo della comunicazione ed è in grado di trasformare messaggi e idee in contenuti visivi.

Chi lavora in questo ramo deve conoscere alla perfezione la parte teorica del suo lavoro, quindi i principi base del design e della comunicazione, la percezione visiva, la teoria del colore, la tipografia e le tecniche di stampa, ma deve soprattutto saper usare con precisione i mezzi per realizzare le proprie idee.
Per questo la conoscenza dei programmi come Adobe Illustrator, Photoshop, InDesign, After Effects, Premiere e XD è fondamentale per poter lavorare in quest’ambito.

Altra skill molto importante è la curiosità. Riuscire a rimanere sempre aggiornati sulle ultime novità e seguire l’evoluzione della comunicazione è il primo passo per fare un lavoro di qualità, che sia efficace nel breve e nel lungo periodo.

È facile intuire che questa figura non è indispensabile solo quando si parla di grafica in senso stretto, ma, come abbiamo visto, gioca un ruolo principale anche in altri ambiti.

DOVE LAVORA IL GRAPHIC DESIGNER


Il marketing è uno dei settori dove sono necessarie le competenze di un grafico pubblicitario, sia che si tratti di comunicare efficacemente un brand sia nella promozione un prodotto.
Molto spesso infatti questa figura collabora con marchi e aziende di qualsiasi settore come freelance, o se fa parte di un’agenzia pubblicitaria lavora a stretto contatto con Art Director, Creative Director, Copywriter e Account.
Uno dei più famosi grafici pubblicitari di tutti i tempi è senza dubbio Milton Glaser, ideatore dell’immagine che ha reso NewYork la città che tutti amano.


Milton Glaser - I ❤️ NY, 1976

Sempre nell’ambito del marketing al graphic designer può essere richiesto di realizzare progetti di packaging design, ossia la realizzazione di confezioni a scopo promozionale in grado di attirare l’attenzione del cliente e a distinguere un brand dalla concorrenza.

Oltre a rendere il prodotto unico e originale, un esperto di packaging deve anche prestare attenzione alle forme e ai materiali da usare. Insomma, un ingegnere della grafica. Siamo piuttosto orgogliosi che uno dei packaging designer più premiati è un connazionale abruzzese: Mario di Paolo, fondatore di Spazio di Paolo, studio specializzato nel packaging design di vino e spirits.


Spazio di Paolo - Michele Chiarlo Barolo Balena, 2014

Anche se rientra comunque nel campo del marketing, il brand design merita un capitolo a parte. Questo settore è importante per analizzare e progettare l’identità visiva di un marchio o di un’azienda: come si presenta, come mostra i prodotti o servizi, come comunica online e offline.

La figura del brand designer ha il compito di creare delle basi solide attorno al marchio affinché possa durare nel tempo e rendere coerente ogni parte che compone il brand. Stavolta è una donna ad essere nominata come ambasciatrice: Paula Scher, tra le tante cose, madre dell’identità grafica di Tiffany & Co.


Paula Scher - Tiffany & Co. 2014


Un altro campo, legato soprattutto alla stampa, è l’editoria.
Com’è facile dedurre, il grafico editoriale si occupa di impaginazione di magazines, giornali, cataloghi, eBook e soprattutto di qualsiasi prodotto di stampa che contiene immagini. Si dedica all’impaginazione di libri, alla veste grafica, alle copertine e al concept di una collana editoriale.

È difficile parlare di notorietà quando parliamo di grafici editoriali, in genere non amano stare sotto i riflettori, ma ce n’è uno che si occupa maggiormente di design di copertine che vogliamo nominare: Chip Kidd, considerato il più eclettico, innovativo e folle designer di sempre.


Chip Kidd - Buddha by Osamu Tezuka, 2003

In opposto alla grafica editoriale troviamo la motion graphics, ossia grafica in movimento. Molto spesso il termine motion graphics viene usato come sinonimo di motion design e ciò aiuta a rendere più facile la connessione tra movimento e design.

A differenza dell’animazione, dove per animare una figura umana o un animale si fa riferimento al naturale movimento delle cose, i motion designer studiano tutti i tipi di movimenti per dare vita a elementi che non ne hanno e renderli attrattivi.
Questa professione è molto richiesta soprattutto nell’ambito televisivo per la realizzazione di sigle e spot, ma negli ultimi anni anche quello del web e delle app sta prendendo la strada animata per rendere migliore l’esperienza di navigazione.

È difficile scegliere chi o quale studio portare come esempio, sicuramente ce n’è uno che negli anni è stato nominato 19 volte agli Emmy awards nella categoria "Main Titles". Stiamo parlando di Antibody, studio di produzione dal quale sono uscite le migliori sigle di serie tv come True Detective, Westworld e American Gods.



Questi che vi abbiamo elencato sono i principali settori in cui un graphic designer può trovare lavoro e liberare la sua creatività. Ovviamente per arrivare ad un certo livello si ha bisogno di tanto studio e tanto allenamento ed è per questo che il mondo del graphic design rimane ancora uno dei pochi ad essere meritocratico, un’ambiente nel quale conta cosa sai fare e quanto sei disposto a imparare. Se vuoi sapere come diventare un graphic designer troverai tutte le risposte in questa guida.

PERCHÉ FARE IL GRAPHIC DESIGNER?


Noi siamo un po’ di parte, quindi, eccoti una lista di 5 buoni motivi per cui il graphic designer è il lavoro più bello del mondo.
 
  1. Non importa se sei giallo, rosso o verde davanti a un computer siamo tutti uguali, tutti illuminati da una luce bluastra.
  2. Anche se parliamo centinaia di lingue diverse in tutto il mondo riusciamo a capire e a farci capire dagli altri.
  3. Il nostro lavoro continua sempre oltre l’orario di lavoro: per strada, a un concerto, al museo, sul divano davanti la tv. Ma questo non ci pesa, anzi, ci tiene accesi.
  4. Ci innamoriamo in continuazione del lavoro degli altri, usiamo l’ammirazione per migliorarci.
  5. Ci poniamo domande senza sosta e molte di queste non hanno ancora una risposta.

Se anche tu sei un instancabile sognatore, se vuoi utilizzare il tuo talento per portare la bellezza nel mondo, se l’idea di progettare emozioni e realizzare esperienze ti eccita sei già uno di noi.
 

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